Minacciato su Facebook per la sentenza Google


Sul suo profilo di Facebook racconta di aver ricevuto «centinaia di email di offesa e minaccia». Ma di non essersi intimidito perché «ho solo fatto il mio dovere di giudice». Oscar Magi, il magistrato finito sotto accusa del popolo del web per la sua sentenza di condanna nei confronti di tre manager di Google Italy in relazione al caso del video del ragazzo disabile torinese, parla in esclusiva con Il Sole24 Ore. «Per mia natura non sono abituato a polemizzare con gli imputati, però mi sembra francamente strano: o non hanno letto bene la sentenza o ho scritto qualche cosa che io stesso non riesco a misurare, come portata. Continuo a pensare che la mia sia una sentenza favorevole al mondo di internet in generale e a Google in particolare». 

«Mi sembra di non aver assolutamente modificato nessun canone fondamentale della rete [...] Uno strumento di libertà e di comunicazione prezioso, direi addirittura indispensabile. Questo però non vuol dire che non debba essere vissuta attraverso il confronto con le regole. Non esiste una zona franca dove tutti possono fare quello che vogliono. Non è così che funziona, per il rispetto che abbiamo di noi stessi e della libertà altrui». Nel 2006 alcuni ragazzi di Torino pubblicano sulla piattaforma Google Video le riprese amatoriali che mostrano le molestie a un ragazzo disabile. 

Il video rimane in linea per due mesi, dall'8 settembre al 7 novembre ma la rimozione avviene due ore dopo la prima segnalazione fatta dalla polizia postale. I ragazzi sono condannati nel dicembre 2008 a dieci mesi di “messa alla prova”, un percorso di recupero che li hai visti costretti a frequentare come volontari un'associazione per disabili. Il 24 febbraio del 2010 arriva la sentenza del giudice Oscar Magi, della IV sezione penale del Tribunale di Milano, che condanna a sei mesi di carcere tre dirigenti di Google. L'accusa è aver trattato per fini di lucro dati personali sensibili. Le motivazioni vengono depositate il 12 aprile. Google sostiene che questa sentenza potrà stravolgere il volto della rete.

Fonte: Il Sole 24 Ore

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