Su Facebook il diario dei bulli


Pestaggi, furti e scippi. Tre ragazzi arrestati dopo mesi di scorribande raccontate sul social network. Aveva appena quindici anni Andrea quando è diventato Pitbull. Alle spalle aveva una famiglia difficile le angherie inflittegli dai compagni di classe. "Ero vestito da sfigato pesante, vedevo gli altri gagni che erano tutti firmati come piccoli gay e mi sentivo rifiutato. In terza media ero più sfigato di prima, mi avrebbe picchiato anche Fantozzi, mi tiravano schiaffi e abbassavo la testa..." ha scritto su Facebook. L'incontro con Omar e un altro coetaneo però lo aveva radicalmente cambiato. Mi sentivo un Dio, potevo avere tutto, tipe e rispetto, così per festeggiare iniziai a fondermi con l'alcol, proprio come fanno i vip con la coca...". 

Andrea D., alias Pitbull, alias Drew oggi ha 20 anni e da ieri è in una cella del carcere della Vallette. I carabinieri della Compagnia di Venaria lo hanno arrestato dopo che la telecamera di una tabaccheria lo ha immortalato mentre con i due complici aggrediva un gruppo di ragazzi, pestati e derubati di pochi euro. Gli investigatori però sospettano che la gang capeggiata da Pitbull e formata da Omar L., 20 anni, nome in codice Toro e da D. G., 16 anni, detto Jena (anche loro arrestati) abbia seminato il terrore nella periferia torinese per mesi. 

Pitbull infatti ha annotato le sue imprese criminali non solo su Facebook ma anche su un diario dalla copertina colorata e ora nelle mani dei carabinieri. È quindi lo stesso Pitbull a raccontare la storia della gang, scrivendo: "Picchiavo la gente senza motivo. Poi iniziammo a scippare a Torino centro, come una droga. Cioè non vi era tutto questo bisogno di farlo ma sembrava scontato, centro corrispondeva a scippare, di pomeriggio e di sera, all'uscita delle discoteche. Un gruppetto si allontanava nel viale, arrivavo e incazzato dicevo: "Datemi i soldi!". E quasi sempre gli tiravamo uno schiaffone o un calcio per convincerli meglio...". Tra di loro dicevano: "Se quello sfigato ha l'iPhone, non vedo perché non possiamo farcelo anche noi".

Fonte: La Repubblica

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