Oscurata la pagina pro-scissionisti


La pagina di Facebook intitolata «A’ scission ro rion» (la scissione del rione) che esaltava il clan Amato-Pagano di Scampia, anche detto degli «Scissionisti», è stato oscurata giovedi scorso. Nell’elenco degli scritti figuravano persone dai cognomi evocativi: Stolder, Licciardi, Tolomelli, Chierchia, Chiarolanza, Gallo. Fatto, questo, che aveva suggerito alla polizia postale di non eliminare il sito, utilizzandolo anzi come fonte investigativa, poiché sulla bacheca del gruppo venivano inseriti messaggi che indicavano alleanze fra diverse famiglie. Il dirigente campano della Polposta, Domenico Foglia, aveva messo tre esperti informatici al lavoro per ricavare elementi da trasferire all’autorità giudiziaria e alla squadra Mobile della Questura napoletana. 

Ma giovedi pomeriggio la pagina è stata cancellata e non per volere della polizia. Probabile che si tratti di un’iniziativa presa dall’ufficio di Facebook o magari dello stesso autore per evitar noie, osserva Foglia. Sta di fatto che poco prima dell’oscuramento, in bacheca erano comparsi messaggi del tipo: «Ma tanto che ci possono fare?». Qualcuno rispondeva: «Niente, non ci possono fare niente, devono solo starsi zitti». La maggior parte degli utenti, comunque, si vantava del fatto che la pagina, la cui esistenza era stata rivelata dal Corriere del Mezzogiorno, fosse poi finita nelle cronache di tg e quotidiani nazionali.

Quando qualcuno scriveva «meglio morto che pentito», accompagnando la frase con l’immagine di una pistola, cinquanta utenti esprimevano il proprio apprezzamento e altri commentavano «rimarrete sempre con un conto da pagare», l’aria diventava pesante, e si capiva che la dimensione del gioco era lontana anni luce. Quando in bacheca compariva la foto di una moto con su scritto «e mo jamm a fa stu muort» (e ora andiamo a fare quest’omicidio), uno stuolo di fan gioiva, e uno diceva «voglio vedere il sangue», la necessità di intervenire diventava molto chiara. Il solo ad aver avuto paura di eventuali provvedimenti giudiziari era dunque il creatore della pagina, che comunicava di non voler più scrivere dopo l’interessamento da parte dei media.

Fonte: Corriere del Mezzogiorno

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