Il film The Social Network, la pellicola di David Fincher che racconta la nascita di Facebook, cioè la piattaforma più utilizzata da milioni di persone in tutto il mondo per comunicare è in uscita oggi nelle sale italiane, dopo la conquista del botteghino statunitense.
The Social Network, tratto dal romanzo Miliardari per caso (Sperling & Kupfer) di Ben Mezrich, offre una chiave interpretativa del fenomeno Facebook a partire dalla biografia di chi l’ha creato. Rapido e adrenalinico come un thriller, questo libro svela il lato nascosto di Facebook: una incredibile “case history” aziendale, ma scritta come lo farebbero Bret Easton Ellis o Nick Hornby.
Va comunque detto che Zuckerberg si è dissociato apertamente dalla pellicola, nella quale dice di non riconoscersi. Il sito nato per cercare ragazze a Harvard diventa rapidamente la gigantesca carta d’identità collettiva oggi davanti ai nostri occhi. Prima la rete di contatti raggiunge gli atenei di Yale, Columbia e Stanford. Poi Facebook arriva nella East Coast e apre una sede a Palo Alto, in California.
Va comunque detto che Zuckerberg si è dissociato apertamente dalla pellicola, nella quale dice di non riconoscersi. Il sito nato per cercare ragazze a Harvard diventa rapidamente la gigantesca carta d’identità collettiva oggi davanti ai nostri occhi. Prima la rete di contatti raggiunge gli atenei di Yale, Columbia e Stanford. Poi Facebook arriva nella East Coast e apre una sede a Palo Alto, in California.
Quindi colonizza l’Inghilterra e infine il resto della Terra. Il trionfo si accompagna alla progressiva solitudine di Zuckerberg. I pochi amici, complici dell’impresa, uno alla volta sono emarginati (traditi e derubati, dicono loro) e infine spariscono per riapparire in compagnia degli avvocati al fine di rivendicare la propria fetta di torta.
Avere tanti amici, con l’illusione di appartenere a un circolo esclusivo e selezionato: si può sempre decidere di non concedere la propria amicizia. Avere tanti amici senza sentire la necessità di incontrarli e conoscerli davvero. Paura della solitudine ma anche del contatto. La digitalizzazione della vita reale. Se c’è un film che cattura lo spirito del tempo, è questo.
Fonte: Il Giornale
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