Facebook potrebbe incrementare la voglia di bere alcolici nei giovani


Facebook potrebbe indurre alcuni utenti a bere alcolici. Uno studio della Michigan State University ha infatti scoperto che più gli utenti del social network vengono coinvolti in pagine o post correlati all'alcol, condividendo o anche semplicemente commentando, più è probabile che considerino di bere alcolici. Per arrivare a questi risultati i ricercatori hanno coinvolto nello studio 400 persone. Gli studiosi hanno indagato sui sentimenti dei soggetti in seguito all'esposizione ad annunci su Facebook correlati all'alcol.

"Quello che abbiamo scoperto è che se la gente in realtà si sente molto impegnata con il messaggio e vuole fare qualcosa, come condividere o commentare, ci sono più probabilità che pensino molto al bere, ha detto Saleem Alhabash, che ha coordinato lo studio. Questo, secondo gli studiosi, potrebbe avere implicazioni gravi soprattutto considerando l'esposizione dei giovanissimi a questi messaggi. "I bevitori minorenni vedono questi annunci, interagiscono con essi e iniziano a pensarci", ha detto Alhabash. 

Anche se per legge i social media non possono inserire contenuti connessi all'alcol rivolti ai minori, per i ricercatori "non si può controllare ciò che avviene su di essi". Per gli oggetti di ricerca sono state mostrate tre pagine Facebook: una che promuoveva un drink; un'altra con un annuncio anti-drink; e un'altra con annuncio non-drink di una banca. Il team ha scoperto che i partecipanti che hanno cliccato like, condiviso o commentato i post di alcol marketing hanno mostrato maggiori intenzioni di consumare alcol.  

Questo era particolarmente vero quando il messaggio di marketing aveva ricevuto molti like e azioni degli utenti di Facebook. Gli altri membri del team di ricerca sono Elizabeth Taylor Quilliam e Jef Richards, docenti del Dipartimento di Pubblicità e Relazioni Pubbliche di MSU, e Chen Lou, uno studente di dottorato in Scienze della Comunicazione e informazione. I dettagli dello studio sono stati pubblicati online sulla rivista Mass Communication and Society. Per leggere una copia della ricerca, visitare il sito http://bit.ly/1F5iEt5



Fonte: Eurekalert
Via: AGI

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