Facebook non causa depressione nei ragazzi, smentita dagli studiosi


Uno studio pubblicato sulla rivista Journal of Adolescent Health indica, per la prima volta, che non c'e' un nesso evidente fra depressione e quantità di tempo spesa su Facebook e altri social network simili. La ricerca è opera della University of Wisconsin School of Medicine and Public Health (Med-Wisc). Lo scorso anno, un report della American Academy of Pediatrics metteva in guardia sulla depressione che l'esposizione a Facebook poteva causare in bambini e adolescenti.

La prestigiosa American Academy of Pediatrics, sosteneva proprio questa tesi:  i ragazzi soffrono il confronto sul social network più popolare del mondo, in particolare quelli con difficoltà comportamentali e un basso livello di autostima rischiano di accentuare le proprie debolezze vedendo il più bello della classe con più amici e pieno di commenti positivi. Ed è storia vera quella della quindicenne del Massachussetts che si è suicidata dopo essersi vista sbeffeggiata sul suo profilo.

"Il nostro studio è il primo a presentare prove scientifiche sul presunto legame tra l'uso dei social media e il rischio di depressione", ha sottolineato la ricercatrice Lauren Jelenchick. I risultati "hanno implicazioni importanti per i medici che potrebbero aver allarmato troppo presto i genitori sull'uso dei social media e sui rischi di depressione". Jelenchick e il docente Megan Moreno hanno seguito 190 studenti dell'Università, di età compresa tra i 18 e i 23 anni, valutando il tempo trascorso online e le attività compiute.

Secondo l'indagine, i volontari passavano oltre la metà del tempo totale online su Facebook, ma non è stato rinvenuto alcun nesso importante tra l'uso dei social media e il rischio di depressione. Tuttavia, Moreno, pediatra che studia il consumo dei social media tra bambini e adolescenti, ha sottolineato: "Seppure il numero di ore trascorso su Facebook non è associato alla depressione, noi invitiamo i genitori ad essere modelli attivi e insegnanti su un uso corretto ed equilibrato dei media per i loro figli".

Via: La Stampa

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