Insulti su Facebook sono diffamazione anche senza pubblicare nome


Perché ci sia diffamazione è sufficiente che la persona offesa sia riconoscibile. Non serve fare nomi per diffamare qualcuno nella rete delle reti. Chi parla male di una persona su un social network come Facebook, ad esempio, senza nominarla direttamente ma fornendo particolari che possono renderla identificabile, da oggi rischia una condanna.

Lo ha stabilito la Cassazione (sentenza 16712/14) rinviando ad un nuovo processo un maresciallo capo della Guardia di Finanza, che aveva pubblicato sul suo profilo una frase offensiva nei confronti di un collega designato al suo posto al comando della Compagnia. E non contento, anche un'espressione volgare indirizzata alla moglie del graduato. 

Il Finanziere, condannato a tre mesi dal Tribunale militare per diffamazione pluriaggravata, era stato assolto in secondo grado per insussistenza del fatto. Per la Corte militare di Appello, infatti, l'identificazione dell'offeso era possibile solo per una ristretta cerchia di soggetti ed è su questo che il "Palazzaccio" ribalta il giudizio.

La frase, in quanto indicata sul profilo, è ampiamente accessibile come l'identificazione della persona offesa, favorita dall'avverbio "attualmente", riferito al ruolo investito. Tra l'altro, conclude la prima sezione penale della Cassazione, "il reato di diffamazione non richiede il dolo specifico ma la consapevolezza di pronunciare una frase lesiva dell'altrui reputazione, e la volontà che venga a conoscenza anche soltanto di due persone".

"Ai fini di tale valutazione, conclude la Corte, "non può non tenersi conto dell'utilizzazione del social network, a nulla rilevando che non si tratti di strumento finalizzato a contatti istituzionali tra appartenenti alla Guardia di Finanza, né alla circostanza che in concreto la frase sia stata letta soltanto da una persona".


Via: SkyTg24
Servizio di Giovanna Pasi

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