Facebook chiede a Commissione Ue di esaminare acquisto WhatsApp


L'acquisto di WhatsApp da parte di Facebook potrebbe finire sotto i riflettori dell'autorità antitrust europea, dopo che lo stesso gruppo di Menlo Park ha chiesto alla Commissione europea di esaminare il suo investimento da 19 miliardi di dollari. Con questa mossa, Facebook fa capire di preferire Bruxelles - considerata più neutrale - alle autorità antitrust nazionali, che sono tenute sotto pressione dagli interessi locali delle compagnie telefoniche locali.

La domanda di Facebook - spiega il Wall Street Journal - rappresenta un'inattesa svolta per l'acquisizione miliardaria, che è già stata approvata negli Stati Uniti ma che sta facendo aumentare le preoccupazioni tra le società di telecomunicazioni europee. All'interno della richiesta il gruppo fondato da Mark Zuckerberg avrebbe citato potenziali indagini in Grand Bretagna, Spagna e Cipro. 

La Commissione Ue ha informato le autorità nazionali dei Ventotto e attende il loro via libera per poter iniziare le sue verifiche. "Facebook preferisce essere passata al vaglio dalla commissione che dalle autorità di regolamentazione di vari stati, che potrebbero chiedere più informazioni", ha detto Thomas Graf, esperto di antitrust di Cleary Gottlieb Steen & Hamilton

La Commissione infatti potrebbe essere tenuta ad adottare un approccio più neutrale rispetto alle autorità dei singoli Paesi, che potrebbero subire le pressioni dei gruppi di interesse locali, come le compagnie di telecomunicazioni. Secondo una persona familiare con la materia, la Commissione ha informato le autorità nazionali garanti della concorrenza della richiesta di Facebook.

Un portavoce della Commissione europea ha rifiutato di commentare. La richiesta di una revisione europea è una svolta inaspettata in questa operazione, dopo che l'acquisizione di WhatsApp è stata approvata dalla Federal Trade Commission, l'ente governativo americano per la protezione dei consumatori. In quel contesto la Ftc ha avvertito che entrambe le aziende devono rispettare la privacy degli utenti e ottenere il consenso prima di condividere le informazioni.


Via: TMNews

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